Interstellar - Cineclub Arsenale APS

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INTERSTELLAR

di Christopher Nolan

Durata: 168'
Luogo, Anno: USA, 2014
Cast: Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Wes Bentley, Casey Affleck, Michael Caine, Matt Damon


Sinossi

Un piaga sta uccidendo i raccolti della Terra, da diversi decenni l'umanità è in crisi da cibo e quasi tutti sono diventati agricoltori per supplire a queste esigenze. La scienza è ormai dimenticata e anche ai bambini viene insegnato che l'uomo non è mai andato sulla Luna, si trattava solo di propaganda. L'ex astronauta Cooper, mai andato nello spazio e costretto a diventare agricoltore, scopre grazie all'intuito della figlia che la NASA è ancora attiva in gran segreto, che il pianeta Terra non si salverà, che è comparso un warmhole vicino Saturno in grado di condurli in altre galassie e che qualcuno deve andare lì a cercare l'esito di tre diverse missioni partite anni fa. Forse una di quelle tre ha scoperto un pianeta buono per trasferire la razza umana e in quel caso è già pronto un piano di evacuazione. Andare e tornare è l'unica maniera che Cooper ha di dare un futuro ai propri figli.


Critica

Tutto quel mais, quella fattoria isolata, il baseball che appare all'inizio e alla fine, il parlare di fantasmi. Volendo, perfino il look di Matthew McConaughey in versione agricoltore, quando ancora non è tornato a volare verso l'infinito e oltre.

Perché sì, certo, dentro Interstellar quella volpe di Christopher Nolan ha infilato Incontri ravvicinati del terzo tipo, 2001, Solaris, Star Trek, la scienza e tanto altro ancora: ma è evidente che il suo nuovo film non è altro che la versione pomposa, ridondante e fantascientifica de L'uomo dei sogni.

Esattamente come nel film di Phil Alden Robinson, infatti, anche in questo nuovo lavoro di uno dei registi più osannati del Terzo Millennio, alla base di tutto c'è il rapporto tra un padre e un figlio.

Una figlia, in questo caso: che, come quel Kevin Costner, cerca di fare i conti con il fantasma di un padre scomparso, ti farlo tornare, di comunicare nuovamente con lui.

Certo, qui la prospettiva è anche e soprattutto ribaltata, ed è prima di tutto il personaggio di McConaughey che vuole far ritorno dalla figlia (interpretata prima da Mackenzie Foy e poi da Jessica Chastain), lasciata per intraprendere il viaggio interstellare del titolo per trovare una salvezza per lei e per tutto il genere umano. Ma vuole farlo - e lei con lui, parallelamente - con la forza testarda di un amore (quello paterno, e quello filiale) che si dimostrerà capace di piegare lo spazio-tempo.

Allora, nonostante le quasi tre ore di film, la magniloquenza e l'accuratezza scientifica, e gli effetti speciali e la spettacolarità, la filosofia e i le speculazioni sulla contrapposizione tra ragione e sentimento, il cuore di Interstellar sta, banalmente o meno, tutto lì: nel racconto dell'amore tra un padre e una figlia; nella resposabilità del primo e nella devozione della seconda.

È tutto lì, ciò che interessa a Christopher Nolan.

Difficile dargli torto: ché amor vincit omnia. E difficile negare che nei momenti più umani e emotivamente intensi del film il sussulto interiore che si prova si avvicina a quello della commozione.

Solo che questo, oggi, forse non è ritenuto sufficiente: dal pubblico, dagli Studios e dallo stesso regista. Che, dimostrandosi ancora una volta furbo e astuto da un lato, e terrorizzato dai suoi stessi sentimenti dall'altro, incastona quel nucleo emotivo all'interno di una complessa, ambiziosa (e un po' pretestuosa) architettura cinematografica dove gli architravi sono la fisica quantistica, la spettacolarità hollywoodiana e l'assoluto imperativo di una mediazione tra cuore e cervello.

A Nolan interessa ben poco dei temi che affronta e che non hanno a che vedere con i sentimenti umani, ma con la razionalità.

Non gli interessa nulla, in fondo, dell'Apocalisse che sta mettendo in ginocchio l'umanità; della questione della Terra che si esaurisce e si ribella,e della relatività dell'uomo rispetto ad essa; dei tutta la logorrea scientifico-esistenziale che fa del suo film una versione bignami delle opere divulgative di Stephen Hawking.

Per tutto questo può provare interesse e curiosità, certo, ma tutti intellettuali; e soprattutto nella misura in cui sono strati, livelli, dimensioni sotto i quali confondere le acque, e camuffare il vero nocciolo della questione, giocando a nascondino con sé stesso e gli spettatori.

E difatti te li sbatte in faccia con l'arroganza di chi ha qualcosa da nascondere, con la grandeur di chi vuole nascondere le sue fragilità. Prestigiatore del cinema contemporaneo, Nolan confonde, distrae: ti fa guardare alla struttura quando il trucco, il senso del film sta da un'altra parte. Abracadabra.

In fondo, allora, Interstellar è la più logica delle prosecuzioni a Inception: dalle dimensioni della mente a quelle dello spazio e del tempo. E nei dialoghi in cui si contrappone dialetticamente il potere mistificatorio della razionalità a quello salvifico dell'imponderabile e dell'amore (che però qualcuno si ostina testardamente a sperare forza misurabile e catalogabile) , lì si rivela il suo autore, che prova timidamente a venire allo scoperto, senza mai avere il coraggio di farlo davvero e del tutto.

Perché se da una fattoria circondata dal mais si parte, a quella si ritorna: al baseball e a L'uomo dei sogni.

E se si riparte ancora, lo si fa nuovamente per amore. Senza sbandierarlo ai quattro venti, sempre un po' nascondendolo sotto il tappeto del nuovo inizio, della volontà egotica di conquista e esplorazione (“siamo esploratori e pionieri”, dice McConaughey all'inizio del film): ma comunque, per amore solo per amore.

Non c'è altro.

Federico Gironi