L'alfabeto di Peter Greenaway - Cineclub Arsenale APS

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L'ALFABETO DI PETER GREENAWAY

di Saskia Boddeke

Durata: 68'
Luogo, Anno: Paesi Bassi, 2017
Cast: Peter Greenaway, Pip Greenaway, Saskia Boddeke


Sinossi

"A come Amsterdam. A come autistico". Due parole che non indicano solamente la città in cui Peter Greenaway vive e lavora, oppure un modo di essere, ma piuttosto rappresentano l'incipit di questo "alfabeto" filmico, poetico, surreale e un po' sperimentale diretto dall'artista visiva Saskia Boddeke per raccontare la figura del marito, il poliedrico regista gallese Peter Greenaway. "Papà sei autistico, vero?" domanda Zoë (detta Pip) Greenaway al padre. "Gli autistici sono persone acute e con molta immaginazione. Sii, sono autistico", risponde il padre. È così che un'ironica e innamorata Saskia inizia a riprendere il marito Peter Greenaway dalla "a" alla "z", coinvolgendo tematiche care al regista attraverso uno scambio generazionale con la figlia Pip fatto di quesiti, scherzi, poesie, racconti, gesti, creazioni, disegni, visite nei musei, rimandi amarcord su una spiaggia nordica e chiacchierate al bar.


Critica

Una maniera profonda e umana, con tocchi cinematografici e narrativi "alla Greenaway", per un personaggio complesso come quello del regista che si lascia un po' andare guardando dritto in camera e svelando anche alcune fragilità. Tra le fragilità svelate da Greenaway c'è la mancanza di affetto avuta da bambino - nato nel pieno dei bombardamenti della seconda guerra mondiale a Newport nel 1942 - che l'ha portato a dimenticare quasi la prima moglie e le figlie grandi, per poi riscattarsi in qualche maniera con Pip, quindicenne attenta e intelligente che ripercorre qui, col padre, alcuni tratti della sua carriera attraverso le passioni e le ossessioni - da quelle per gli animali, specialmente i volatili, per il corpo umano e la morte, ad esempio - e i suoi film. Greenaway, come un adolescente eternamente curioso, assorbe e rielabora quello che gli interessa del mondo intorno. Tanto da ammettere, alla domanda della figlia "Se morissi ora saresti soddisfatto di te?" che "No, rifarei tutta la vita". Questo artista nelle sue opere diventa un connettore e osservatore onnivoro di nozioni, immagini, storie, movimenti, evoluzioni, personaggi, esseri viventi. Come quegli uccelli che tanto lo accattivano e da cui ha preso la passione dal padre con il quale, racconta Peter, non ha mai avuto un grande rapporto per via delle sue velleità artistiche, incomprese in famiglia. Tutti elementi che diventano una ossessione, come quella per l'ornitologia appunto, trasmessa in un film che il regista stesso definisce "enciclopedico" di tre ore dal titolo The Falls. E intanto l'alfabeto prosegue formando una miscellanea. "C for Chidren", i figli. "D for Death", la morte. Altro concetto ricorrente nei film d Greenaway, come ricordano le immagini dell'inquietante film culto Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante (1989) dove il corpo del cattivo viene servito a banchetto, citando quel "pasto nudo" di Burroughs. E ancora la morte per il Peter umano: la paura di annegare, qui rappresentata anche nel finale del film con un'immagine quasi citazionistica a un collega della video arte come Bill Viola. Anche il protagonista di un suo film, Eisenstein in Messico (2015), si chiede se i registi verranno ricordati.

Rossella Farinotti, mymovies.it